Nelle passeggiate in bici spesso mi trovo in luoghi storicamente interessanti, ma che lasciano sbigottiti per come vengono conservati. Uno di questi luoghi è lungo la Casilina, e precisamente Calvi Risorta.

Attraversando appunto la Casilina (come nel caso precedente), mi sono imbattuto in una struttura ormai fatiscente, ha pianta quadrata, dove tra immondizia e buche si erige un cartello con scritto “Dogana Borbonica”.
La dogana borbonica di Calvi Risorta risale al XVIII sec ed è situata tra il castello e il seminario, l’ambiente circostante è in pessime condizioni.
E’ chiaro che questi luoghi ormai sembrano quasi infastidirci, ruderi insignificanti, ricordati solo da un cartello arrugginito, unico gesto apatico che la nostra società gli concede.
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Proseguo lungo la Casilina e vendo, quasi per caso seminascosta dalla vegetazione, un’insegna che recita Antica cales. Mi trovo in una chiesa con uno splendido altare arabeggiante. Il prete sta dicendo la messa per poche persone, le pareti della chiesa sono tappezzate di foto dell’ultima rappresentazione storica in costume. Di fianco alla chiesa, la dogana borbonica, pure questa abbandonata, e il castello che cade a pezzi.
Sembra che in quella Dogana secondo il prof Paolo Mesolella il 28 Ottobre 1860 Garibaldi ricevette la Deputazione palermitana che lo invitava sull’isola, è qui che passò la notte e non nel palazzo baronale. Il tutto sarebbe confermato da una corrispondenza di guerra del 1860 che racconta in maniera dettagliata il passaggio e la sosta dell’eroe dei due mondi a Calvi.
Erano le 8 della sera. (del 26 ottobre ndr) Garibaldi era lì: gli è toccato di alloggiare nell’antico corpo di guardia de’ carabinieri.Noi lo trovammo in questo. Figuratevi una sola stanza quadra, con il tetto a cupola bassa. Le pareti nere, nerissime dal fumo; non pavimento, ma nuda terra sotto i piedi, non sedie, non letti, nemmeno, quel che già vi doveva essere, tavolati per istendervisi su e dormire (altro che palazzo baronale ndr). Garibaldi ci ha ricevuto in questa sua dimora di quella notte.
Sedeva su una scranna di corda, posando le braccia su un tavolo di legno fracido, con un lume di rame che mandava per cattivo olio una luce affumicata…Garibaldi ci accolse con quell’affetto che è proprio di lui. Aveva il suo solito cappello in testa. Dalle braccia gli traspariva il suo pled scozzese, e dalle spalle e sul collo gli scendeva sul largo petto uno sciallo di lana grigio. Disse aver caro che questa deputazione che viene per re Vittorio Emanuele si fosse ricordata di lui… Non avea che offrirci; se volessimo sigari, egli non aveane che uno..
Noi gli dicemmo che la deputazione aveva portato seco (a Calvi) le medaglie che il Municipio di Palermo ha fatto coniare per gli ottocento sbarcati con lui a Marsala, e aveva anco portato, per presentargliela, la spada che gli offrono i Palermitani. E’ la stessa spada che in Firenze era stata fatta per Carlo Alberto; la gradisse quindi di più. Ei ringraziò noi e ci commise di ringraziare i Palermitani, popolo pieno, disse, di entusiasmo e di fermezza. Vedrete, aggiunse, il re Vittorio; vedrete un vero galantuomo; io lo amo come un fratello; sarete certo contenti. Ecco poi una sua lettera. La aperse: era un foglio tutto scritto di mano del re. Gli diceva di averlo cercato tutta la giornata, ed essere dolente di non averlo potuto vedere: che domani egli avrebbe attaccati i Borbonici sul Garigliano e sperava ricacciarli e passare il fiume verso Capua… Il re dava, nella lettera, del “lei” a Garibaldi. Garibaldi la leggeva commosso”.

Insomma, la storia ci avvolge continuamente ma noi non c’e ne accorgiamo, non facciamo niente per ricordarci del grande passato, non vogliamo capire che programmare il futuro per noi italiani significa ridare vita a questi luoghi dimenticati, ci ostiniamo invece a pensare che il futuro è solo un ponte sullo stretto di Messina.
Link di Google Maps per raggiungere la locanda borbonica di Calvi Risorta
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